In presenza dei suoi giudici, Vera rimase impassibile e dignitosa: Persino i giurati ed i carcerieri, manifestarono durante il processo, un istintivo rispetto per la grandezza morale della loro vittima.
L'iniqua sentenza suonò agli orecchi stessi degli aguzzini come la predizione nefasta dell'inevitabile rovine del sistema da loro difeso.
Vera Figner apparve al processo non come un vinto accusato dai suoi giudici, ma come un trionfatore le cui idee di bontà e di giustizia sociale inchiodavano alla gogna con fuoco e con veemenza senza pari coloro che dovevano farla languire venti anni nella più terribile fortezza russa.
Descrivere le sofferenze infinite che l'eroica martire ebbe a patire nella tetra prigione dello Schlusselburg è riaprire una ferita sanguinosissima nel cuore di colei che ancor oggi soffre e spera per la causa, in un angolo di terra ospitale.
Solo dirò che per tutto il tempo della sua prigionia, Vera non si inchinò mai dinanzi ai suoi martirizzatori, restando fiera e diritta, sempre.
Ed è questo il massimo elogio a cui possa ambire una persona che tutto offrì alla patria infelice ed all'umanità, senza chiederle altro che un poco di riposo e d'oblio fecondi di opere e di pensieri.
Nella fortezza dello Schlusselburg, Vera Figner contrasse i dolori reumatici e lo scorbuto; coloro che ebbero occasione di visitarla in prigione, descrivevano commossi lo stato della sua salute, rovinata per sempre. Solo una gran fede ed una maravigliosa resistenza, potevano restituire alla libertà un essere che il barbaro governo russo aveva destinato ad una morte lenta e perfida sul gelido giaciglio d'una orribile e famigerata prigione.
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