LETTERA I.
... 1690.
Sig. Conte Lorenzo Magalotti, Firenze.
Domattina darò principio a servirvi, e lo farò con amor grande, ma con poca o niuna abilità. Se questa volta non divento ricco, mio danno. Ho da maneggiare e stropicciare tant'oro, che non ne ha tanto il Perù. — E voi dovete contentarvene, perché
Sì ricca penna dev'esser contenta,
S'altri toglie del suo, ch'ella il consenta.
Mi messi in tasca senza avvedermene il mio viglietto, che ora vi rimando, perchè non restiate privo di sì bella cosa. — E mandovi anche il mio parere intorno al sonetto del Sig. Falconieri.
Quanto poi al mio, in tre altri modi ho mutato il quarto verso del primo quadernario:
Ambo t'odian che furo ambo tuoi servi.
Ambo t'odian perch'ambo a te fur servi.
T'odian perchè giù furo ambo tuoi servi.
Il primo non ha l'eccezione dell'essere il che tanta accosto al nome, essendovisi messo il verbo in mezzo. Tuttavolta il mio orecchio non l'accetta.
Il secondo ha forse miglior suono, ma senza quell'ambo, perde sette ottavi di grazia. — Eleggete voi, o proponetemi un'altra mutazione migliore di questa. — Accetto la mutazione del secondo quadernario:
Così, così l'onor, così conserviTe solo avanzo di sì vasto Impero?
Così al valor, così al valor primieroChe a te fede giurò, la fede osservi?
Quel di sì vasto mi par faccia impicciolir l'avanzo, e lo riduca quasi al niente.
Accetto parimenti quell'aggiunto di fedele dato all'ozio, che mi par bizzarrissimo, con patto però che vi lasciate l'ultrice, che vuoi dire ultrice de' suoi adulterii e dei torti fatti al valore.
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Lorenzo Magalotti Firenze Perù Sig Impero
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