E appunto a queste mattine in pensando a voi, siccome son solito di fare assai bene spesso, mi venne fatta questa frottoletta, che ora vi mando. E penso che per esser breve vi degnerete forse di leggerla. Orsù, scusatemi, e valetevi di me, che sono, e sarò sempre vostrissimo non che vostro. E vi riverisco di tutto cuore.
Addio.
Conte gran doti-di natura e d'arte,
Forse quà in terra non vedute mai,
In voi già vidi, e quel che in voi mirai,
Fu di voi la minor men degna parte.
Che qual chiuso in sua luce, a parte, a parte,
Cela sè stesso il sol co' i proprii rai,
Tal voi co' vostri, più del sole assai,
Splendidi fregi, vi celaste in parte.
Ma or deposto il vano lustro e quella
Luce di gloria, che v'ascose a noi,
Far di voi vi vegg'io mostra più bella.
Che se in voi non minor de' vostri eroi
Serve grandezze e dignitate ancella
Mirai poc'anzi, or voi rimiro in voi.
LETTERA IV.
Villa, 30 Agosto 1694.
Al medesimo.
Mi avete dato la vita con i vostri stimabilissimi caratteri e colle riflessioni fatte sopra il sonetto.
Di che vi rendo grazie affettuosissime, e vi assicuro che l'esservi voi degnato di porre gli occhi sopra le mie miserie, mi ha fatto concepire speranza di non essere del tutto escluso dal vostro cuore, che sarebbe un grandìa per uno che stima infinitamente il vostro affetto, e sa di non poterlo mai meritare. E quanto alla seconda critica veggo che mi compatite, e lo merito, perchè il migliorar questo luogo senza mutar rima, non è possibile, e il mutarla non si può far con guadagno, essendo minor male il soffrire una rima cattiva, in grazia dell'altre due buone, che gittar via le due buone per migliorar la cattiva.
| |
Agosto
|