Pagina (6/36)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      La Sig.a Anna vi riverisce divotamente, ringraziandovi del favore che le avete fatto, ed io sono più che mai tutto vostro, vostrissimo servidore.
     
     
      LETTERA V.
     
      Villa, 10 Settembre 1694.
     
      Al medesimo.
     
      Io non fui mai ambizioso, ma quando pure lo fossi, mi avereste dato il mio conto sino al finocchio, mentre di quattordici versi, undici me ne mettete in cielo, e tre nell'inferno, e questi forse con più giustizia di quelli. Nè pensate già ch'io vi sia più tenuto delle lodi, che della critica. Mi piaccion quelle, ma non mi giovano; questa, e mi piace, e mi giova, e quanto più mi mostra la sferza, tanto più m'assicuro del vostro amore. Ve ne ringrazio dunque con tutto l'animo, e chino il capo alla sentenza, dalla di cui giustizia sarebbe troppa temerità l'appellarsi, dicendovi solamente, che il debole di questa chiusa paragonato col forte de' versi antecedenti, non viene da stanchezza, come per lo più si vede accadere in molti sonetti che cominciano con vigore, e poi finiscono tanto morti e sfiatati, che non si reggono in piedi, e danno giù.
      Anzi (udite cosa mirabile) tutto il sonetto è fabbricato sopra questa chiusa, in grazia della quale confesso d'averlo fatto. E l'idea è presa da Tansillo, in quel capitolo che finisce così:
     
      Occhi de' miei desiri e d'amor nidi,
      Vorrei chiedervi in don qualche mercede,
      Pria che l'aura mi tolga a' cari lidi.
      Ma il vostro duro orgoglio che non crede
      L'ardor che tanto in piccol tempo crebbe,
      Ch'osi sperar mercè, non mi dà fede.
      Una pur chiederò che mi si debbeElla, ed è tal, che benchè d'odio accesi


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Lettere inedite a Lorenzo Magalotti
di Vincenzo da Filicaia
Tipografia Nistri Pisa
1885 pagine 36

   





Sig Anna Settembre Tansillo