E tra il Destino e me patto è già scritto
Ch'io confine ai desiri, egli all'offesePonga, e quasi a' suo dolce almo paese,
Far niuno ardisca, oltre il confin, tragitto.
LETTERA XI.
. . . Lunedì, ore 19 1695.
Al medesimo.
Sto attualmente servendovi, e intanto vi rimando quel benedetto e tante volte condannato e riprovato sonetto della Linea, il quale mi sono ingegnato di racconciare in un altro modo, con tor via la correspettività del patto, dalla quale nasce tutta la incompatibilità, che voi dite, e con ridurre ad una sola azione, rispetto alla fortuna, le due azioni che prima conteneva il medesimo patto, rispetto alla fortuna e me.
Tra il forte Ibero e il Lusitano invittoDel mondo ignoto a ripartir l'imprese,
Linea dall'Austro all'Aquilon si stese,
Che 'l termin fisse ad ambedue prescritto.
E tra il Destino e me giurato e scrittoFormossi un patto ch'ei di nuove offese
A un quasi nuovo, incognito paeseFar non deggia, oltre il segno, unqua tragitto.
Se in una di queste maniere, o in altra che vi piaccia di propormi, stimerete che il sonetto sia tollerabile, lo leggerò forse in Accademia giovedì prossimo. E vi riverisco devotamente.
LETTERA XII.
Giovedì, ore 16... 1695.
Al medesimo
Ier sera feci la consaputa confidenza al Marchese, il quale mostrò di gradirla tanto, ch'io resto a voi tenutissimo dell'avermegliela fatta fare.
Approvò il pensiero di chiedere il Senatorato, e di chiederlo non come fine, ma come mezzo, per fare apprendere a S. A. che la causa motrice del chiederlo non è l'ambizione, ma il bisogno.
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