E quanto allo spendere, farò in modo che mi resti da poter dare alla Toscana qualche gioiuzza o qualche vezzo di buccia d'anguille, perchè non mi faccia muso e non imbroncisca. Se altro non occorre, a tempo debito sarò in Firenze, e perchè ho il vizio nell'ossa, verrò colla sgualdrina a cintola. — I soliti abbracciamenti al priore, al Marchese, e vi riverisco devotamente.
LETTERA XIX.
Firenze, 5 Settembre 1695.
Al medesimo.
Senz'altra ragione mi convince d'avanzo la vostra autorità, e però non si parli più della canzone all'Europa. Volevo mandarvi due altre canzoni, ma cerca, cerca, non l'ho mai potute trovare, e se l'ho smarrite, sono vicinissimo a disperarmi, non perchè siano belle, ma perchè son mie. E voi sapete che a un padre piacciono ancora i figliuoli brutti; e quel ch'è peggio, nel medesimo quadernetto vi sono ancora altri miei componimenti. Una sola speranza mi resta d'averlo lasciato in villa. Per mandarvi qualche cosa vi mando questo sonnettuccio. Di grazia guardate se vi par da potersi leggere insieme coll'altro Piangesti Roma, che avete già veduto, e dei due versi doppi, ditemi qual più vi aggrada. Il primo esprime più. Il secondo è più dolce e più poetico. Già voi sapete che Manlio difese il Campidoglio dai Galli, che poi macchinando contro la Repubblica, fu fatto prigione; ma benchè fosse già convinto di fellonia, non ebbero mai cuore i senatori, nè d'assolverlo, nè di condannarlo, fintanto che la di lui causa fu discussa davanti al Campidoglio, da lui difeso. E per condannarlo fu necessario andassero altrove.
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