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      Io non so che cosa si sia il mio Capitolo fatto da me più per devozione che per altro. So bene che il vostro è una gran cosa, e quanto più lo leggo, tanto più mi rapisce, e mi solleva tanto sopra me stesso ch'io me ne vò non so dove. Per ubbidirvi l'ho considerato più attentamente, e ho notato alcune coserelle, che a mio giudizio, si potrebbero migliorare.
     
      Ma non sì che in battaglia col temereNon vincesse il fidar, con più bell'arte,
      Che fu trionfo poi.
     
      Questo discorso che non è altro che una semplice narrativa, mi par troppo caricato di figure, e vi si vede uno sforzo che distrugge tutto il naturale, e difficulta l'intelligenza. Chi dicesse così:
     
      Men già dubbiando e sospettando in parte,
      Non però sì ch'a fronte del temereVinta si stese la mia fe' in disparte.
      La fe' che crebbe allor che il condottiere....
     
      Miglioratelo voi:
     
      Leggiera sì, che l'aer nostra intornoLe staria, come a corpo mortal veste.
     
      Direi:
     
      Le staria come a mortal corpo veste,
      Se miri al peso.
     
      Ma bisogna ch'io dica uno sproposito. Voi dite che l'aura celeste è tanto leggera, che il nostro aere starebbe intorno a quella, come la veste intorno al corpo, se si mira il peso. Tutto bene, se si ha riguardo all'agilità del corpo informato dall'anima e alla gravezza della veste, che come cosa inanimata, non ha nè moto, nè azione.
      Ma potrebbe dir qualcuno:
      Se si pesa l'uno e l'altra, sarà sempre più leggera la veste che il corpo.
     
      Fiume che stagnando allaga,
      Non corre o passa, o sa che sia ritorno.
     
      Direi:
     
      Non corre o passa, o sà che sia ritorno,


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Lettere inedite a Lorenzo Magalotti
di Vincenzo da Filicaia
Tipografia Nistri Pisa
1885 pagine 36

   





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