E il volo è tal ch'ogni vista s'arrende.
Oh qui ringraziatemi, e vergognatevi della vostra superstizione che vi ha fatto mutar quel verso: Occhio di vetri armato, per esservi servito di quell'armato due altre volte in distanza di dieci miglia. E come mai avete potuto farlo? O sentite questa terzina, che con quel poco che ci ho messo di mio, è la più bella e la più meravigliosa che sia in tutto il Capitolo:
E il volo è tal che fin cola si stende,
Ove sol per averne alcun sentore,
Occhio di vetri armato indarno ascende.
Si può sentire cosa più degna, vaga, e poeticamente detta?
Quand'ecco in mezzo all'abissal fulgore.
Questa voce abissale mi par nuova affatto, e direi piuttosto eternale o che so io.
Oh! siate benedetto che avete levato quei costiritti; non mi potevate mai fare il maggior servizio di questo, e ora stà benissimo, di là da benissimo.
Altro non ho da dire. Se sono stato buon bambino, datemi la chicca; e questo sia un avvertimento economico ai vostri servitori, che quando mi scrivete, invece di portar le lettere alla posta, le portino a casa mia, che così non avranno a passar Arno, e si risparmieranno parecchi passi. Oh! bell'avvertimento di padre di famiglia. Addio.
LETTERA XXIV.
Volterra, 28 Gennaio 1698.
Al medesimo.
Dopo di avermi tenuto parecchi giorni a stecchetto, mi avete poi fatto stravizzare a lettere, che fino a tre ho ricevuto nello stesso tempo, con mia infinita consolazione, vedendo il buon viso che avete fatto a quella mia traduzione. E quanto a' rimbrotti fierissimi che mi fate intorno al mestiero di tradurre, non vi rispondo nulla per ora; solo vi dico che verrò a ogni accordo con voi.
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Occhio Capitolo Arno Gennaio
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