Ma se non mi finisce di piacer questo, mi piace tanto quell'aggiunta di sorda dato alla ferita, che vada l'uno per l'altro, si sta in pari certo. Insomma il sonetto tutto insieme mi piace, e non so quello che voi diciate, e ve ne ringrazio tanto, tanto. Ora voi mi scriverete ch'io mandi qualche cosa, e perchè molte e molte ve ne potrei mandare, avendo messo a pulito tutte quante le mie frascherie latine e toscane, per adornarne a suo tempo le Gallerie di Mercato Vecchio, mi trovo imbrogliato. Pensa, ripensa, risolvo finalmente di mandarvi questa canzoncina, ina, ina con patto però che me le rimandiate a comodo vostro, e che mi mandiate il vostro Capitolo di settanta terzine. Orsù siamo intesi. Addio.
LETTERA XXVII.
Volterra, 23 Novembre 1698.
Al medesimo.
Io non dico che quel sonetto sia la miglior cosa che abbiate fatto, ma dico bene che si conosce per fattura d'un valentuomo, essendovi certi tratti maestri, che vi rendono aria, e quasi quasi vi fanno la spia. Quanto poi a quell'epiteto, credo anch'io che si possa difendere e fare in bricioli la censura e il censore, ma il trovare a chi piaccia o possa piacere, l'ho per cosa un po' dura, e son certo che fuor della rima non ve ne sareste servito. Io a prima giunta intoppai, e non l'intesi, nè mai l'ho inteso nel senso, che voi l'avete usato, se non quando me l'avete scritto, e ora considero esser verissimo che l'ozio fa gli uomini insolenti, ma non per questo par che si debba chiamare insolente, siccome si chiamerebbe impertinente la piacevolezza dei padroni, benchè renda impertinenti i servitori.
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Gallerie Mercato Vecchio Capitolo Novembre
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