Mi raccomando alle vostre misericordie, e sono al solito tutto vostro servitore. Addio.
LETTERA. XXXIII.
Pisa, 23 Maggio 1701.
Al medesimo.
Queste mio sonettuccio sarà sempre famoso, mentre i suoi difetti v'hanno fatto dire tante belle cose. Io ve lo rimando, e perchè il suo male è poco meno che incurabile, l'espongo al taglio della vostra penna, e ho tanta fede in voi che son certo che guarirà. Accetto la mutazione della prima terzina, quanto al dire che il corridore sia vicino alla meta, ma quanto al modo di dirlo non ne sono ancora interamente risoluto, nel resto mi pongo tutto nelle vostre braccia, e ringraziandovi dell'amorosa bontà con cui vi degnate di favorirmi, vi riverisco, ma davvero. Addio.
LETTERA XXXIV.
Pisa, 27 Maggio 1701.
Al medesimo.
Non vi dicev'io che alle vostre mani sarebbe guarito il mio sonetto di tutte le sue mascalcie? Detto fatto. Sonetti mal cubati, storpiati, rattratti, e fatti spacciati, venite pure allegramente all'Esculapio de' nostri tempi, che poserete subito le mazze e le gruccie, e salterete, e balzerete come pillotte.
Una gran medicina è stata quell'altri mondi invece di nuovi mondi, e da principio era sovvenuto anche a me, ma comechè non conoscevo il male, non pensai neanche al rimedio, e così non ne feci altro. Solamente mi resta qualche po' di durezza intorno a quel visibil mondo, detto così assolutamente senza mettergli in dosso un po' di livrea che lo faccia conoscere per mondo scientifico. Ma mi direte che a farlo conoscere per tale basta l'aver detto di sopra che questo Sig.re sia giunto presso alle mete del sapere, e lo credo anch'io, e a poco, a poco mi pare di smaltire questa durezza.
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Esculapio Sig
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