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      Debole fu la maggioranza che lo condannò senza riserva alla pena capitale; infatti, essendo il numero dei votanti 721 in tutto, i sì incondizionati furono, secondo Bouillet, 366, e 355 i no: e quindi la maggioranza si ridusse a soli undici voti. Secondo Luigi Blanc, nella sua Storia della Rivoluzione, i voti per la morte senza condizione furono 387; e quelli per la detenzione perpetua o temporanea, o per la condanna a morte ma con appello al popolo, furono 334; e così ebbevi una maggioranza di 53 voti per la condanna capitale assoluta. La differenza dei computi proviene dalla circostanza che molti deputati, nel pronunciare il lor voto per appello nominale, aggiugnevano qualche dichiarazione, più o meno netta, più o men vaga. Fra queste ultime merita special menzione quella di Vergniaud; cioè la morte, ma che si esaminasse la questione se si doveva accordare l'appello al popolo. È ben chiaro che il popolo in massa non avrebbe ratificata la sentenza dell'estremo supplizio. Molti deputati diedero la secca e truce risposta: la morte. Fra costoro fuvvi anche Sieyès. Non è vero che aggiugnesse: sans phrases, parole che sarebbero state esse stesse una frase, spietata per l'infelice imputato, e sconveniente verso altri deputati. Filippo d'Orléans, sopranominato Égalité, parente di Luigi XVI, ed uno dei pretendenti alla sua corona, votò la morte, ma con frase; e ne riscosse un mormorìo di meritato disprezzo. È una circostanza notabile che non vi fu una sola voce di completa assoluzione.


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Storia di un secolo dal 1789 ai giorni nostri
di Quirico Filopanti
Sonzogno Milano
1891-1892 pagine 307

   





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