Universale e ben giusta č l'ammirazione per l'audace ed insiem sapiente tattica del giovane duce, il quale in sė pochi giorni ottenne quattro vittorie: Montenotte, Millesimo, Dego e Mondovė. E i suoi soldati? Non sono eglino fiore di prodi, questi uomini che senza mormorare, senza impaurirsi, senza riposarsi nč stancarsi, marciano e rimarciano, e combattono ripetutamente a destra ed a sinistra? Non sono eglino i veri vincitori delle quattro battaglie?
E non ne ha qualche poco di merito ancora ciō che da alcuni si chiama la fortuna, da me la Provvidenza, e che sembra divertirsi a produrre, or le vittorie or le sconfitte, e quegli scherzi di nomi, di circostanze, di anni e di giorni? Sapiente strategia, sapiente tattica! Senza dubbio Bonaparte se ne fece veder maestro, dal principio alla fine della sua mirabile carriera. Supponete nondimeno che quella stessa capricciosa Dea, o cosa, che si chiama la sorte, gli fosse stata contraria a Montenotte, che cosa ne penserebbero ora i dotti critici militari? Fu un errore da principiante, direbbero, il non profittare della propizia occasione di pigliar prima Genova: quella doveva essere la forte base per le future operazioni. Supponete invece che, dopo la vittoria di Montenotte, la fortuna si fosse chiarita avversa ai Francesi a Millesimo, oppure a Dego. Allora i dotti critici direbbero: č chiaro; l'inesperto comandante repubblicano non capė che bisognava inseguire e spingere a fondo gli Austriaci, i quali avevano giā incominciato a piegare nella battaglia di Montenotte.
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