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Queste belle e larghe promesse non furon mantenute che in un modo assai imperfetto, ma rivelavano nel giovane e fortunato generale anche il politico profondo. Ed ora, al suo entrare nella capitale della Lombardia, egli pubblicò quest'altro splendido e seducente manifesto:
«Soldati,
«Voi vi precipitaste come un torrente dall'alto degli Apennini. Avete respinto, disperso tutto ciò che alla vostra marcia si opponeva. Il Piemonte, liberato dalla tirannide straniera, si abbandona ai naturali sentimenti di pace e di amicizia verso la Francia. Milano è in poter vostro, e lo stendardo repubblicano sventola in tutta la Lombardia. I duchi di Parma e di Modena van debitori della loro esistenza alla vostra generosità.
«Tremino coloro che aguzzarono i pugnali della guerra civile in Francia; ma i Popoli vivan tranquilli. Noi siamo amici di tutti i popoli, ed in particolare dei discendenti de' Bruti e degli Scipioni, e di tutti i grandi che abbiam presi a modello. Ristabilire il Campidoglio, collocandovi onorevolmente le statue degli eroi che lo reser celebre, e risvegliare il Popolo Romano assopito da molti secoli di schiavitù, tale sarà il frutto delle nostre vittorie, che formeranno epoca nella posterità. Vostra sarà la gloria immortale di aver cangiato l'aspetto alla più bella parte d'Europa. Il Popolo Francese libero, rispettato da tutto il Mondo, darà all'Europa una pace gloriosa, che lo risarcirà di tutti i sacrifizii che già da sei anni egli sostiene.»
Nè qui si fermaron le fortune e le vittorie dell'esercito Francese.
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