Non piccolo fu il numero di coloro che perirono nei combattimenti a destra e sinistra del fiume: in maggior numero ancora furono quelli che rimasero indietro, e furono fatti prigionieri sulla riva sinistra. Napoleone ordinò che i ponti si abbrucciassero alla settima ora mattutina del giorno ventotto. Il buon Éblé indugiò due ore. Alle nove eseguì il duro ma necessario comando, affinchè il ponte non servisse ai nemici ad inseguir i Francesi in ritirata. Tale fu il famoso e tragico passaggio della Beresina.
Napoleone, correndo le poste, tornossene in Francia per apparecchiare la riscossa. Gli avanzi della grande armata proseguivano intanto, come potevano, la dolorosa ritirata. Se il freddo fosse stato di maggior rigore nel passaggio della Beresina, sarebbe stato minor male, perchè il ghiaccio avrebbe avuto sufficiente solidità da sostenere i fuggitivi, senza bisogno dei ponti. Ma, pochi giorni dopo, la temperatura discese, anche in Polonia, allo spaventevole punto di trenta gradi Réaumur sotto lo zero, ossia trentasette e mezzo centigradi. I soldati camminavano serrati gli uni contro gli altri, per riscaldarsi alquanto scambievolmente. I più deboli cadevano sulla strada ed erano calpestati da quelli che seguivano. Thiers stima trecentomila il numero di quelli che morirono di fuoco, di miseria, o di freddo; due terzi incirca della grande armata che pochi mesi prima aveva varcato il Niemen, piena di baldanza e di fiducia. Molti rimasero prigionieri in Russia; pochi tornarono sani e salvi.
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