Radetzky domanda un armistizio, il Popolo, per consiglio di Carlo Cattaneo, respinge la proposta.
Il 22 marzo è la quinta e decisiva giornata. Scorre altro sangue Italiano, ma scorre in maggior copia il sangue Austriaco. Rimane infine la vittoria all'amor di Patria, all'amore della Libertà, alla fiducia nella protezione del cielo. Radetzky, cogli avanzi del suo esercito, abbandona Milano.
In quel medesimo giorno, 22 marzo 1848, scoppiò e trionfò la rivoluzione a Venezia. Gli operai dell'arsenale liberarono Daniele Manin dalla prigione, e lo portarono in trionfo sulle loro spalle. Abbiam veduto Luigi Manin essere stato l'ultimo doge della Repubblica di San Marco, estinta nel 1797. Daniele Manin fu presidente della democratica Repubblica di Venezia nella lunga e gloriosa difesa del 1848 e 1849. Il cognome di Manin gli veniva non da alcuna consanguineità coll'ultimo Doge, ma dalla circostanza che un suo antenato Israelita, abbracciando la religione cristiana, fu tenuto al fonte battesimale da un membro di quella famiglia patrizia e ducale.
Tanto è vero, come già notai che i grandi avvenimenti si incalzavano senza posa in quel memorabile anno, che mentre si combatteva sulle barricate a Milano, la Dieta Ungarese, nel giorno 19 di marzo consumò un atto di alta importanza, qual si fu l'abolire la servitù della gleba.
Sparsa appena per l'Italia la notizia della partenza degli Austriaci da Milano e da Venezia, nacque un'entusiastica gara di accorrere alla guerra dell'indipendenza nazionale da tutte le parti della penisola, dalla Sicilia e dalla Sardegna, con un'incredibile profusione di grida e di canti, con un mediocre numero di armi e di armati, ma che pur sarebbero stati a sufficienza se fossero stati uniti e ben condotti.
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