Cinque mila giovani Toscani, con sei piccoli pezzi di cannone, resistettero per sei ore a trentamila Austriaci, sostenuti da un formidabile parco di artiglieria. Fu notato fra gli altri un cannoniere toscano, il quale, avendogli un razzo alla Congrève abbruciato il vestito, continuò in istato di nudità il servizio del suo pezzo. Nella sera, Radetzky ebbe a dire: non avrei giammai pensato che quei ragazzi mi opponessero tanta resistenza. In mezzo a quei ragazzi eranvi ancora dei professori di Pisa, di Firenze e di Siena; e fra i primi l'illustre matematico Mossotti. Eravi pure il virtuoso e simpatico Montanelli, che fu poscia collega di Domenico Guerrazzi, e di Giuseppe Mazzoni, nel triumvirato toscano.
L'indomani Radetzky procedette contro i Piemontesi, ed ingaggiò contro di essi battaglia a Goito. Aspra fu la tenzone: ma questa volta le sorti arrisero al buon dritto, cioè a Carlo Alberto ed ai Piemontesi; se non che Carlo Alberto non seppe profittare della vittoria. Il suo ministro della guerra, Franzini, nella sera del 30 gli disse: Sire, perchè non inseguiam noi il nemico che si ritira? Il re gli rispose: non vedete che la pioggia ha sconciate le strade? Come potrebbero passarvi i nostri cannoni? Il ministro avrebbe dovuto rispondere: i nostri possono ben passare in quello stesso modo con cui passano quelli dei Tedeschi. D'altronde, Sire, un esercito che si ritira deve inseguirsi colla cavalleria, coll'artiglieria, colla fanteria, in qualunque modo si può. Se i nostri soldati sono stanchi, lo saranno vieppiù quegli altri.
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