Meglio sarebbe stato affidar il comando al Bava, o ad alcun altro dei generali Piemontesi, dei quali nessuno eravi di grande abilità, ma almeno avevano patriotismo, coraggio, e cognizione dei luoghi e delle persone. A Ramorino, altro generale sfortunato e sospetto nella guerra Polacca del 1831, sfortunato pure nel tentativo Mazziniano in Savoja nel 1834, fu affidato il comando della legione lombarda.
Il campo Piemontese fu inondato da bollettini a stampa, alcuni dei quali dicevano: «Soldati, voi fate la guerra pei Lombardi che vi tradiscono;» altri dicevano: «mentre voi combattete, la Repubblica si proclama in Torino;» ed altri ancora: «il Re è tradito dai demagoghi.» Questi detestabili e vili artifizii, per isparger lo scoraggiamento nelle fila dell'esercito, furono comunemente, ma ingiustamente a parer mio, attribuiti alle mene delle sagrestie, o dei dorati saloni dell'aristocrazia; od anche delle anticamere della reggia. L'intrinseca probabilità delle cose, e la cognizione storica del fatto, generale e non eccezionale, che le guerre si vincono non solo per mezzo del ferro e del piombo ma ancora per mezzo dell'oro, adoperato in palese ed in segreto, mi fan credere che quegli infami bullettini siano stati pagati dall'oro austriaco.
Czarnowsky, dal canto suo, rinnoṿ il solito error capitale dei generali italiani del nostro tempo, di dividere le proprie forze in guisa che non siano in posizione di soccorrersi le une le altre con una sola marcia.
Infatti Lamarmora era alla destra del Po; Ramorino, coi Lombardi, fu mandato alla Cava, dove il Ticino si unisce col Po; Giovanni Durando, ed il duca di Savoja, il futuro re Vittorio Emanuele, schierarono le loro truppe vicino a Mortara; Czarnowsky, col re Carlo Alberto e col corpo principale dell'esercito, si pose nelle vicinanze di Novara.
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