Infrattanto uscì dalla porta San Pancrazio la riserva del colonnello Galletti, e unitamente alla legione Masi percosse nel lor fianco destro i francesi. Con maggior impeto sopra di essi piombò Garibaldi. I francesi vacillarono, indi si diedero a ritirarsi con qualche confusione. Un mezzo battaglione, o circa trecento uomini, sotto il comando del maggiore Picard, trovandosi circondati in un casino da Garibaldi, furon costretti ad arrendersi prigionieri. La vittoria dei romani era completa. Nè gravi furono le nostre perdite; un duecento fra morti e feriti. Si calcolò che ai francesi, fra prigionieri, feriti e morti, mancassero in quel giorno quasi mille uomini.
Garibaldi, Avezzana, ed il colonnello Galletti avrebbero voluto inseguire i francesi. Mazzini si oppose, non per considerazioni di ordine tattico, ma politiche. Certa cosa era infatti che, ove anche si fosse distrutto sino all'ultimo fante il piccolo esercito di Oudinot, la Francia aveva una forza dieci volte oltre il bisogno per farne le vendette. La repubblica francese commise il delitto di distruggere la minor sua sorella, malgrado la nostra moderazione e generosità, e ne pagò il fio meritato, perchè i reazionarii francesi, essendo riusciti nella loro spedizione di Roma all'estero, preser baldanza di intraprendere ciò che essi chiamarono la spedizione di Roma all'interno. Mazzini però sagacemente prevedeva che un qualche giorno la Francia diventerebbe la nostra alleata. Tardò quel giorno per ben dieci anni, e venne in un modo non preveduto nè desiderato dal grande agitatore, ma venne.
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