Il comando dell'esercito romano avrebbe dovuto affidarsi al generale Garibaldi; ma anche nelle repubbliche allignano le invidie, e persino qualche cosa che corrisponde alle adulazioni ed agl'intrighi delle corti monarchiche. I più fanatici ammiratori di Mazzini erano gelosi della crescente popolarità di Garibaldi, per timore che non potesse eclissare quella di Mazzini. Il comitato militare consigliò ai triunviri di conferire la carica di generale in capo al colonnello Rosselli, uffiziale rispettabile per la sua virtuosa condotta privata, e per militare dottrina, ma troppo lungi dall'esser paragonabile a Garibaldi. Per altro il comando effettivo, in tutti i successivi fatti d'arme, contro i napoletani e contro i francesi, fu sempre esercitato da Garibaldi.
Dapprima Garibaldi scacciò il distaccamento regio da Palestrina, nel giorno 9 maggio, e prese varii prigionieri, i quali furon condotti a Roma. Garibaldi fece ritorno alla capitale, per unirsi al resto dell'esercito romano sotto Rosselli, e marciare a Velletri, ove il re di Napoli aveva concentrato sedicimila uomini, con cinquanta pezzi di artiglieria.
Non sommavano a tanto le forze di tutto l'esercito di Rosselli, compresi un mille e cinquecento volontarii comandati da Garibaldi. Fra questi merita una menzione affatto speciale una compagnia di fanciulli. Nel 1848 si formò in Bologna un battaglione di fanciulli appartenenti per lo più a civili famiglie, i quali nelle ore lasciate libere dalla scuola, e specialmente nelle domeniche, si esercitavano al maneggio delle armi con piccoli fucili fatti apposta per la loro età. Siccome si suol dire, per ischerzo ed in serio, che gli adolescenti sono la speranza della Patria, così quella diminutiva coorte fu chiamata il battaglione della Speranza.
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