Subito dietro a lui aveva la sua piccola artiglieria, di due pezzi in tutto, e dietro quella il piccolo bagaglio, tirato o portato da muli. Quell'esiguo corpo di cavalleria era comandato da un giovine bolognese, Angelo Masini. Prima del 1848 era il Masini un giovine elegante e dissipato; ma dal giorno nel quale prese le armi sotto Zambeccari, egli cangiò tenore di vita; rimase buono e simpatico, ma rinunziò alle frivolezze; altro pensiero non ebbe che quello della Patria, e mostrò in tutti gli scontri un coraggio ed un'abnegazione cavalleresca, degna degli eroi dell'Ariosto. I suoi cento soldati però erano uomini del comune stampo; non vili nè cattivi, ma non fiore di valorosi al pari di lui.
La battaglia di Velletri, che di lì a pochi momenti cominciò, non fu una al certo delle più micidiali, nè delle più importanti registrate nella Storia, ma ebbe tuttavia una reale e considerevole importanza, in quanto che liberò il territorio Romano dalla presenza delle truppe Borboniche, e dal pericolo di vedervele mai più comparire. Quella battaglia è altresì uno dei fatti più singolari, non solo perchè un drappello di due o tre mila uomini mise in fuga un re alla testa di sedici mila, ma principalmente per questa circostanza, unica nella Storia, che la sconfitta di un così numeroso esercito nemico fu ottenuta in non piccola parte per merito ed opera di una compagnia di fanciulli.
Erano le 8 antimeridiane del giorno 19 maggio 1849. Angelo Masini mandò ratto avviso a Garibaldi che la cavalleria regia era uscita da Velletri, ed avanzavasi di piccolo passo.
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