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      Non era dunque una semplice escursione di esploratori; la lentezza dei cavalieri borbonici era indizio che eran seguiti dall'infanteria. Di fatto la fanteria napoletana sfilava dalla porta di Velletri, in coda alla cavalleria. Era tutto l'esercito regio il quale veniva a presentar battaglia ai Romani. Garibaldi, dal canto suo, ne spedì sollecito avviso al generai Rosselli, ed egli avanzossi a cavallo verso il luogo donde veniva il nemico.
      Masini, il quale forse conosceva appena il nome di Orazio Coclite, aveva però la bravura dell'antico campione Romano; laonde egli fece osservare a' suoi cento uomini che la strada era stretta, e che occupandola serrati gli uni contro degli altri, diventavano pari ai nemici: pochi contro pochi. Ignorava però il principio di meccanica pel quale un corpo fermo non può rimaner tale ricevendo l'urto di un altro corpo: fa d'uopo opporre velocità a velocità; il qual principio è ancora più necessario ad aversi in mente per la cavalleria che per la fanteria. Angelo Masini infilò colla propria spada il maggiore che comandava il primo squadrone di cavalleria regia; ma gli altri cento cavalleggieri Garibaldini voltaron le briglie, e fuggirono indietro. Masini fu costretto a seguirli.
      Nel ritirarsi precipitosamente, venivano contro al general Garibaldi, il quale stava fermo a cavallo sulla strada, e faceva lor segno colla mano di fermarsi. Indarno: perocchè l'impeto dei cavalli fuggenti non potè attutirsi in tempo. Arrivarono addosso a Garibaldi, rovesciando lui ed il suo cavallo, ed insieme il suo fedel moro Andrea Aghiar, ed il capitano Bueno, che gli tenevan compagnia.


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Storia di un secolo dal 1789 ai giorni nostri
di Quirico Filopanti
Sonzogno Milano
1891-1892 pagine 307

   





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