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Non guari dopo la caduta di Roma cadde onoratamente anche Venezia. Il forte di Marghera, dopo d'essere stato per lungo tempo strenuamente difeso, fu non ceduto, ma smantellato e sgombro dai difensori. Essi ritiraronsi colle loro artiglierie sul gran ponte della ferrovia, che passando sopra la laguna congiunge Venezia alla terra ferma. Il ponte contiene 222 archi. Nel mezzo avvi un lungo spazio, e largo a guisa di piazza. Ivi i prodi combattenti usciti da Marghera si fermarono, asserragliandosi con sacchi pieni di terra, disposti in guisa da formar le troniere e lasciar le aperture per le bocche dei cannoni. Le bombe Austriache però, tirate dalla terra ferma coll'opportuno rialzo, e descrivendo per aria la loro alta traiettoria, arrivavano a piombare sulla parte occidentale della città di Venezia, ed anche sino al centro di essa. Il popolo conseguentemente si ritrasse alla parte orientale. Soffriva gli orrori degl'incendi, della fame e del colera morbus, ma non voleva ancora la resa. Le povere donnicciuole incoraggiavano i combattenti, Veneziani o di altre parti d'Italia, gridando loro: benedetti da Dio!
Al medesimo tempo anche la guerra, d'insurrezione dell'Ungheria contro l'Austria, correva al suo termine. La rivoluzione Ungherese, come quella dell'Austria propriamente detta, della Prussia e del Granducato di Baden, fu una conseguenza immediata della rivoluzione francese del 24 febbrajo 1848. Dapprima però non produsse un distacco totale dell'Ungheria dall'Austria, ma soltanto lo stabilimento di una amministrazione separata ed autonoma, della quale Batthiani era presidente, Kossuth uno dei ministri.
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