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      Dante Alighieri nella Divina Commedia flagellò l'ignavia degl'Italiani suoi contemporanei; e nel libro della Monarchia espose il lusinghiero concetto della restaurazione d'una supremazia Italica. Francesco Petrarca cantò
      il bel Paese
      Che Appennin parte, e il mar circonda e l'Alpe,
      e confortò gl'Italiani, Latin sangue gentile, a sgombrar da sè le dannose some della signoria straniera. Dietro le traccie di quei tre grandi, altri minori, e più recenti, come Pietro Bembo, Giovanni Guidiccioni, Vincenzo Filicaja, Vittorio Alfieri, Giovanni Berchet, Giacomo Leopardi, Alessandro Manzoni, Giuseppe Giusti, s'infervorarono a risvegliare coi lor versi la gran dormiente.
      Altrettanto fecero colle lor prose Francesco Guerrazzi, Massimo d'Azeglio, Cesare Balbo, Vincenzo Gioberti; e più che altri Giuseppe Mazzini. Quest'ultimo eccitò lo spirito nazionale in una maniera più efficace ancora che cogli scritti, cioè scendendo nel campo dell'azione colle congiure, e con moltiplicati tentativi d'insurrezione, sempre abortiti in quanto all'effetto immediato, ma produttori di durevoli conseguenze per la compassione ed ammirazione tributata ai martiri politici. La moltitudine si avvezzava a riflettere che non poteva non esser cosa buona l'indipendenza nazionale se per amor d'essa tante anime nobili affrontavano il patibolo. Finalmente il sogno dei poeti cominciò ad incarnarsi nei fatti; e potentemente vi contribuirono la politica abilità di Camillo Benso di Cavour; il carattere leale e cavalleresco di Vittorio Emanuele; il valore e le epiche gesta di Garibaldi; le buone disposizioni a favor dell'Italia nella mente di un antico carbonaro divenuto imperatore dei Francesi; infine una misteriosa ed affievolita ma non ancora spenta eredità dell'indole Romana nel moderno popolo Italiano.


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Storia di un secolo dal 1789 ai giorni nostri
di Quirico Filopanti
Sonzogno Milano
1891-1892 pagine 307

   





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