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      Giunse contemporaneamente la buona novella che i Francesi eran padroni di Solferino, e che stavano incalzando il nemico verso Cavriana.
      Però i fianchi della Contracania e di San Martino, non che la circostante pianura, eran seminati di corpi umani, morti o feriti, a centinaja, anzi a migliaja; e più di Italiani che di Austriaci. Quell'orribile spettacolo incominciava a sparger lo sgomento fra i nostri soldati; ma Vittorio serbavasi tranquillo e di buon umore, come se fosse stato alla sua prediletta caccia del camoscio. Stimando opportuno il lanciare una parola atta ad incoraggiare ed anche a metter di buon umore i soldati, trasse partito dalla circostanza che in Piemonte i cangiamenti di abitazione soglion farsi nel giorno di San Martino, e disse in dialetto Piemontese: «piuma San Martin, se no, fuma San Martin.» Un siffatto discorso era ben atto a propagarsi rapidamente di bocca in bocca per la sua brevità e famigliarità, ed ancora per lo scherzevole giuoco di parole.
      Prendiamoci un breve riposo dal truce spettacolo delle stragi di guerra per fare incidentemente notare che il motto di Vittorio Emanuele è un piccolo ma interessante saggio della somiglianza reciproca che hanno i varii dialetti italiani fra loro, e colla comune lingua nazionale. Tradotto letteralmente in lingua italiana suonerebbe così: pigliamo San Martino, se no, facciamo San Martino, o San Michele. In romanesco: Piamo San Martino o famo San Martino. In Francese: prenons Saint-Martin, ou il nous faudra déménager.


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Storia di un secolo dal 1789 ai giorni nostri
di Quirico Filopanti
Sonzogno Milano
1891-1892 pagine 307

   





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