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      I generali Italiani commisero il solito errore di dividere indebitamente le loro forze. La politica direttrice di una guerra di carattere necessariamente rivoluzionario come questa, egualmente che le regole generali della strategia, additavano Bologna come base delle operazioni militari terrestri, Ancona qual base delle operazioni militari marittime, e Venezia per diretto obbiettivo. Alla liberazione di essa avrebbero dovuto farsi convergere tutte le nostre forze, cioè le truppe di terra regolari e le volontarie, e la flotta. Tale era il ragionevole piano proposto dal miglior generale che allora avesse l'Italia, Manfredo Fanti; ma non se ne volle far nulla.
      L'esercito Austriaco in Italia non era che di novanta mila uomini. L'esercito regolare Italiano, che si accingeva a dar battaglia a quelli, sommava a dugento mila uomini, abbastanza bene armati, abbastanza bene disciplinati, e pienissimi di buona volontà. Vi erano inoltre quarantaquattro mila volontarii, meno disciplinati che i soldati regolari, ma ardenti di amor patrio, e comandati da un uomo di cui il nome stesso era una forza. La flotta Italiana, per numero di navi e per forza di vapore e di armamento, era superiore all'Austriaca. Si aveva dunque sotto la mano una forza materiale e morale di gran lunga maggiore del bisogno, se fosse stata bene adoperata, per render sicura la vittoria.
      Faceva di mestieri passar il Po nelle vicinanze di Ferrara, scacciar tosto i nemici da Rovigo, poi da Padova, indi da Venezia, poi da Trieste; poscia filar dritto sopra Vienna, e fare a gara tra noi ed i nostri alleati Prussiani, chi primiero arrivasse a quella meta.


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Storia di un secolo dal 1789 ai giorni nostri
di Quirico Filopanti
Sonzogno Milano
1891-1892 pagine 307

   





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