L'arciduca aveva già concentrato ottantadue mila uomini attorno a Verona, lasciandone sei o settemila sul Po per tener a bada Cialdini. Ogni soldato Austriaco portava indosso la razione per due giorni, dopo aver anche avuto una razione straordinaria di carne nella sera del 23. La mattina per tempo presero il caffè e l'acquavite. Non solo la scienza moderna, ma il più volgare senso comune, moderno ed antico, basta a far comprendere che non è solo un sacro dovere di umanità, ma un interesse strategico di primo ordine, per un generale, il nutrir bene i suoi soldati, specialmente nel giorno nel quale hanno il massimo bisogno di forza fisica e morale. Questi semplicissimi principii non balenarono alla mente dei generali italiani nei giorni 23 e 24 di giugno 1866. Nella terribile giornata del 24 i poveri soldati italiani combatterono quasi tutti a digiuno. Senza fallo nè Lamarmora, nè alcun altro generale italiano commise l'atroce delitto di privarli apposta di cibo in quel giorno: si lusingavano di aver tempo di fare il rancio nel mattino. La colpa stava non solamente nella irragionevole idea che il nemico fosse lontano in quel giorno, ma principalmente nel disordinato, pedantesco, arrogante, pessimo sistema generale.
Ciò nondimeno le prime avvisaglie della battaglia di Custoza furono a noi favorevoli. Vero è che i nemici invece di essere lontani, come si supponeva, erano vicini e pronti. L'estrema destra Italiana, formata dalle truppe comandate dal principe Umberto e dal generale Bixio, venne alle prese coll'estrema sinistra Austriaca.
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