Egli venne tardivamente colla flotta, da lui comandata, da Taranto ad Ancona. Ma, provocato dall'ammiraglio austriaco Tegethoff, ricusò la sfida, riparandosi sotto i cannoni delle opere esterne di Ancona. Ai suoi ufficiali che ne fremevano di sdegno addusse, per iscusa, dei pretesi ordini secreti di tenersi sulla difensiva. I marinai austriaci, che erano triestini, istriani e dalmati, quindi in parte italiani di nascita, e tutti italiani di linguaggio, perchè nella marina austriaca da guerra e di commercio, si parla il dialetto veneziano, pure affezionati alla loro bandiera come lo sono tutti i soldati, si ritirarono orgogliosi dell'onta da essi cagionata a buon mercato ad un'altra bandiera.
Era il dovere dei ministri italiani mandare per telegrafo la destituzione a Persano. Gl'inetti si limitarono a minacciargliela, se non andava in traccia del nemico; ma egli invece di recarsi a Malamocco ed al Lido, porti di Venezia, dove avrebbe dovuto andare tanto prima, diresse le sue prore dalla parte opposta, cioè a Lissa. È Lissa una piccola isola sulle coste della Dalmazia, distante ben quattrocento chilometri da Venezia, e così ben fortificata che fu detta la Gibilterra dell'Adriatico. L'acquisto di essa, ove fosse riuscito, avrebbe costato molto e fruttato nulla. Quando già da due giorni la flotta italiana oppugnava con poco effetto i baluardi di Lissa, l'ardimentoso ed abile Tegethoff venne a presentarle battaglia, questa volta inevitabile, il 20 luglio 1866.
L'armata navale italiana componevasi di trentasette bastimenti a vapore da guerra, undici de' quali erano corazzati, ed otto fra essi erano di ferro.
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