Chi non beue contra la brina,
vadi fuori troua la sua ruina.
Chi dona il suo inanzi morire,
s'apparecchia assai patire.
Cascan le rose e restan poi le spine,
non giudicate nulla inanzi il fine.
Chi d'amor prende diletto, porti sempre con sospetto,
la corazza con l'elmetto, scherzi raro, & giuochi netto.
Chi presente alcun rifiuta, credi a me che son canuta,
più souente che non sputa, se ne pente & voglia muta.
Chi offeso si truoua non mai deue,
dormir sopra l'offesa un'hora breue.
Cinque cose mandano gli huomini in ruina,
fumo, fame, freddo, fetore, & fatica.
Che gioua a rauuedersi dopo il fatto,
o stare a pentirsi col capezzale?
Cinque hore dorme il viandante, sette il studiante,
otto il mercatante, & vndeci ogni furfante.
Chi potendo stare, cade tra via,
s'ei si rompe il collo a suo danno sia.
Cortegiana con martello, lascia questo, lascia quello,
& d'un solo che le par bello, viue schiaua, va in bordello.
Chi è bella e s'inamora, di se stessa traditora,
con martello che l'accora, perde il tempo, e va in malhora.
Chi hauer dee buona o ria fortuna,
non la può perdere per sorte alcuna.
Chi troppo si stima alla fine ne ha danno,
e ciò gli sciocchi, & non gli sauij fanno.
Chi fù mai si saggio o santo,
che d'esser senza machia di pazzia possa darsi il vanto?
Chi procura ad altrui danno o vergogna,
cade nel laccio, ch'egli ad altri ha teso.
Contra un debol, quant'è più gagliardo,
chi le forze vsa tant'è maggior fallo.
Conuiene star suegliato, accorto, & attento,
ch'un disordin che nasca ne fa cento.
Conuien che chi ride anco talhor si lagni,
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