Il filo si rompe, doue è più debole.
In nissun luoco, si getta il lardo a' cani.
Insegnar le gatte a rampegare.
Insegnar la lepre a correre.
Il mal d'amor pizzica, ma non ammazza.
Il sauio, tempo e luoco va aspettando.
Il Romano, vince sedendo.
Il sapere ha un piede in terra, e l'altro in mare.
Il martello d'argento, spezza le porte di ferro.
I mali anni, vengono come le ceriese.
Io harò le noci, e tu le voci.
Il sauio, si specchia ne gl'essempij altrui.
Il desiderio humano, non è tutto vno.
Il sauio di sapere, il matto d'hauere, procura.
Il buon pastor' tosa, e non scortica.
Il tentar qualche volta, Iddio disdegna.
Il duol hauend'oue a sfogar', è meno acerbo.
Il mele è dolce, di ciascuna pecchia.
Il trebbiano è buono, dentro vna secchia.
Infino a' bricchi, piacciono i popponi.
Il duro affaticare, vince ogni cosa.
Il pericolo, stà nella tardanza.
Il ventre, insegna il tutto.
Il lupo, non mangia il lupo.
Il cieco, ingiuria il losco.
Il pegno non è piu pegno, ottenuta la promessa.
Il carro non và, con cinque ruote.
Il lupo di Esopo, che beueua di su del fiume.
Il cielo, non sempre mai, ange e preme.
Intendersi bene, di crepatura d'agnello.
Il troppo tirare, l'arco suol spezzare.
Il ramo al ceppo, sempre s'assomiglia.
Il mortal dolce, poco tempo dura.
Il pianger puzza a' morti, e nuoce a' viui.
Il coruo per troppo gracchiar, perde il suo cibo.
I denari, portano medicina.
Il drappo, corregge il dosso.
Il lupo ancor che taccia, fà gran preda.
Il pianger, morti non rilieua.
Il signor n'ha bisogno.
In darno si tende la rete, inanzi gl'uccelli.
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Romano Iddio Esopo
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