Questa domanda gli fu tratta a bruciapelo da un uomo che gli si piantò di fronte con la sinistra al cappello e una frusta nella destra.
Ma...
Oh, per baccodisse colui, grattandosi la nuca "chi dev'essere allora?"
Ma come si chiamano questi signori del Palazzo?
Ecco, vede, da noi si dice i signori del palazzo e non si dice altro. Per esempio, a dire così, per un dieci miglia tutto all'ingiro, capiscono; Lei, mettiamo, viene da Milano, è un'altra storia. Queste sono sciocchezze, io lo so benissimo il nome; ma adesso piglialo! Noi povera gente non abbiamo tanta memoria. È poi un nome tanto fuori di proposito!
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Sarebbe...
Aspetti; Lei che taccia e che non mi confonda. Ehi, dalla lanterna!
Un guardiano si avvicinò lentamente con le braccia penzoloni, facendo dondolare la sua lanterna a fior di terra.
Non bruciarti i calzoni, che Vittorio non te li pagadisse il giovinotto di poca memoria. "Tira su quell'empiastro di una lanterna. Qua, prestamela un momento."
E, dato di piglio alla lanterna, la sbatté quasi sul viso al forestiere.
Ah, è lui, è lui, è lui tal e quale come mi hanno detto. Un giovinotto, occhi neri, capelli neri, nera mica male anche la faccia. Bravo signore.
Ma chi ti ha detto?...
Lui, il signore, il conte!
Oh, diavolopensò colui, "un uomo che non ho mai visto e che scrive di non avermi mai visto!"
To'!
esclamò l'altro lasciando cader la frusta e cacciandosi la mano in tasca. "Proprio vero che più asino di così la mia vecchia non mi poteva fare neanche a volere. Il signor conte non mi ha dato un coso per farmi riconoscere?
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Malombra
di Antonio Fogazzaro
pagine 519 |
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Palazzo Milano Vittorio
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