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      Ce l'ho ben qui. Tolga!"
      Era un biglietto di visita profumato di tabacco e di monete sucide. Portava questo nome:
     
      CESARE D'ORMENGO
     
      Andiamodisse il forestiere.
      Fuori della stazione c'era un calessino scoperto. Il cavallo, legato alla palizzata, col muso a terra, aspettava rassegnato il suo destino.
      S'accomodi, signore: non c'è troppo morbido, ma capisce, siamo in campagna. Ih!
      Il lesto vetturale, afferrate le redini, balzò d'un salto a cassetto e cacciò il cavallo a suon di frusta per una stradicciola oscura, così tranquillamente come se fosse stato mezzogiorno.
      Abbia mica paura, vedediss'egli "benché sia scuro come in bocca al lupo. Questa strada la cavalla e io l'abbiamo sulla punta delle dita. Ih! Ho menato giù due forestieri anche la notte passata, due signori di Milano come Lei. Gran brava persona il signor conte!" soggiunse poi, tirandosi a sedere di sghembo e cacciandosi sotto le coscie il manico della frusta. "Che brav'uomo! E signore, ehi! Ha amici in tutte le sette parti del mondo. Oggi ne capita uno, domani un altro, tutti fior di gente, gran signori, sapienti, che so io. Già Lei sarà pratico!"
      Io? È la prima volta che vengo qua.
      Ah, vedo. Ma conoscerà il signor conte?
      No.
      O bello, o bello!
      disse il vetturale con accento di profonda meraviglia. "Una brava persona, sa! Sono suo amico", soggiunse senza spiegare se appartenesse alla categoria dei gran signori o a quella dei sapienti. "L'ho servito tante volte. Mi ha fatto bere un bicchiere anche oggi. Non so se fosse vin di Francia o d'Inghilterra, ma che vino!


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Malombra
di Antonio Fogazzaro
pagine 519

   





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