Solo qualche volta le otto magre dita nervose si alzavano dalla fronte tutte insieme, si tendevano; poi, ripiegandosi, parevano volersi imprimere nell'osso. Silla guardava rotear sul pavimento l'ombra d'un pipistrello che non trovava la via di uscire, batteva le librerie, il soffitto angosciosamente.
Anche dentro alla fronte severa del vecchio gentiluomo v'era un'angoscia di parole che non trovavan la via di uscire. Era l'ora che turba il cuore; quell'ora in cui, mancando la luce, le cose e le anime si sentono libere, quasi, da una vigilanza fastidiosa; i monti paiono coricarsi a grande agio sul piano, le campagne dilagano sopra i villaggi e casali, le ombre pigliano corpo, i corpi sfumano in ombra, nel cuore umano affondano le impressioni, i pensieri del presente, e vien su un movimento confuso di ricordanze lontane, di fantasmi che inteneriscono e fanno sospirare in silenzio.
Ad un tratto il conte alzò con impeto il viso e disse:
Signor Silla!
Tacque un momento e riprese lentamente:
Quando avete letto la mia lettera, il nome che vi trovaste sotto Vi era sconosciuto?
Sconosciuto.
Non era nella memoria Vostra la traccia più lieve di questo nome?
Nessuna.
Dalle persone con le quali avete vissuto non udiste mai parlare di qualcuno il cui nome non era pronunciato e che avrebbe potuto trovarsi un giorno nelle circostanze più difficili della vita?
No. Da chi ne avrei inteso parlare?
Il conte esitò un istante, poi ripeté a voce bassa:
Dalle persone con le quali avete vissuto.
Mai.
Vi ricordate almeno di aver veduta la mia fisionomia?
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Malombra
di Antonio Fogazzaro
pagine 519 |
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Silla Vostra
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