E poi per la leggenda. Oh, c'è una leggenda! Sai che la munificenza di mio zio mi ha concesso per barcaiuolo il figlio del giardiniere, un paggio malizioso di tredici anni. Un po' da lui, un po' dalla mia cameriera, un po' dai muri che ne sono pieni, ho udito i sussurri che seguono alle spalle questo signore. Egli sarebbe figlio di un'antica amorosa di mio zio, morta a Milano, anni sono, in miseria; lo si sarebbe richiamato qui per predisporre, adagio adagio, un matrimonio di famiglia.
Capisci, Giulia? L'austero anacoreta avrebbe avuta la sua Capua! Giulia, io non ho ancora conosciuto un uomo degno d'essere amato da me, ma io amo l'amore, i libri e la musica che ne parlano, e non mi lascerò far la morale da un libertino depurato nel vuoto! Quanto al pericolo che si pretenda tingere la mia mano di questa roba poco pulita, lo sai bene: è un pericolo per loro, non per me.
È arrivato al Palazzo un quindici giorni sono, prima della notte, come un vero pacco di contrabbando. Il giorno dopo ebbi una gran scena drammatica con mio zio, il quale pretende aver diritto di vita e di morte sui miei libri francesi, presi fuori delle mie camere; e mi buttò orsinamente dalla finestra un de Musset che avevo lasciato davanti al mio caro Canaletto. Quel giorno vidi il principe nero da lontano, ma non discesi a pranzo benché mio zio venisse a pregarmene, tutto mansueto come diventa sempre dopo le sue violenze. Il giorno dopo quel signore partì; ritornò il 18 con armi e bagagli e si accampò definitivamente qui.
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Malombra
di Antonio Fogazzaro
pagine 519 |
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