Arrivò al Palazzo con suo zio una sera burrascosa. Il conte l'accompagnò egli stesso alle camere che le aveva assegnato nell'ala di levante, verso il monte. Le aveva fatte arredare con semplicità elegante, aveva provveduto al loro riscaldamento per l'inverno e nella camera da letto aveva collocato il ritratto di sua sorella, lavoro dell'Hayez. Marina vi si lasciò accompagnare, guardò senz'aprir bocca le pareti, il soffitto, gli arredi, il quadro, ascoltò le spiegazioni di suo zio su questo e su quello, aperse le finestre e disse tranquillamente che voleva una camera sul lago.
Ella amava le onde e la tempesta, né le fecero paura la fronte corrugata e gli occhi lampeggianti del conte: tenne fermo freddamente contro le osservazioni, sempre più acri ch'egli le venne facendo e che troncò, a grande sorpresa di lei, con un risoluto: "Sta bene".
Dato a bassa voce un ordine a Giovanna, la sua vecchia governante, il conte uscì. Allora la governante si pose in cammino, con il lume in mano, seguita da un lugubre corteo di servi e di bauli. Marina volle venir ultima con Fanny, la sua giovane cameriera. Attraversarono tutto il palazzo da capo a fondo. Spesso, nel passare da una camera a un'altra, Marina si fermava a guardar indietro nel buio, costringeva la intera carovana a sostare. Tutte le facce si voltavano a lei, quella della vecchia governante seria seria, quelle dei servi tra torbide e sgomente.
Quando il convoglio entrò nella loggia che congiunge le due ali del palazzo, Marina affacciossi alla balaustrata verso il lago, diede un'occhiata alla scura costa che fronteggia l'ala di ponente, aggrottò le ciglia e disse alla governante:
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Malombra
di Antonio Fogazzaro
pagine 519 |
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