Quel foco interno era più forte di lei, la opprimeva, le toglieva il respiro. Chinò la fronte sul leggìo. Pareva che ardesse anche quello. Si alzò in piedi, guardando nel vuoto. La divina musica vibrava ancora nell'aria, le pareva di respirarla, di sentirla nel petto: ne le correva uno spasimo voluttuoso per le braccia.
Finalmente abbassò gli occhi sul pavimento, li posò involontariamente su qualche cosa che brillava a' suoi piedi. Guardò, senz'averne coscienza, quel punto brillante che a poco a poco le venne fermando la fantasia, finché lo vide e lo raccolse. Era uno degli anellini buttati da lei sulla ribalta dello stipo. Cercò l'altro. Sulla ribalta non c'era, nell'interno dello stipo non c'era, sul pavimento neppure. Marina s'irritò, frugò persino sotto lo stipo. Nulla. Cacciò ancora la mano nel vuoto che si apriva sopra il piano stesso della ribalta, fra due ordini di cassetti. Frugando là dentro si accorse di un piccolo foro nel piano, e, introdottovi l'indice, vi sentì l'anello. Non potendovi entrare con due dita, cercò levarnelo serrandolo tra il polpastrello dell'indice e il legno. Con sua meraviglia non le riuscì, l'anello pareva preso e trattenuto da un uncino. Mentre Marina faceva ogni sforzo di vincere questa resistenza, s'udì lo scatto di una molla; il piano, dove posava la mano di Marina, cadde di alcuni centimetri, l'anello vi ruzzolò su. Marina, sorpresa, ritirò la mano in fretta; poi, rifrugando, trovò che, in fondo, la mano entrava più addentro di prima e che v'erano, in quella ultima cavità, degli oggetti.
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Malombra
di Antonio Fogazzaro
pagine 519 |
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Marina Marina
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