Ella non alzò il capo, ma quando Silla fu presso all'uscio, gli disse, sempre sullo stesso tono:
La prego, avvicini un poco le imposte.
Silla tornò indietro silenziosamente, senz'affrettarsi, avvicinò le imposte e si avviò da capo alla porta.
Sa giuocare?
disse donna Marina.
Silla si fermò, sorpreso.
Ell'aveva alzata la testa, finalmente; ma adesso faceva scuro nella camera e non si poteva vedere l'espressione del suo sguardo. La voce suonava tuttavia di fredda insolenza. Silla s'inchinò.
Donna Marina aspettava forse che si offrisse per finire la partita con lei; ma questa offerta non veniva. Accennò allora la sedia vuota in faccia a lei e con un gesto della mano destra, senza muovere affatto la testa. Evidentemente quella mano non aveva detto "prego" ma "permetto".
Silla si sentì vile. Era forse la sottile fragranza entrata nella camera, la stessa fragranza sentita il giorno del suo arrivo nella galleria dei paesaggi, che ora gli ammorbidiva l'orgoglio, gli diceva, a nome di Marina, tante cose blande. Voleva rifiutare e non poteva.
Ha paura?
disse donna Marina.
Silla prese la sedia vuota.
Di vincere, signorinarispose.
Ella alzò gli occhi in viso. Adesso Silla poteva quasi sentire il tepore di quel viso; adesso vedeva bene i grandi occhi freddi che lo interrogavano insieme con le labbra.
Perché, di vincere?
Perché non so farmi inferiore se non lo sono.
Ella alzò impercettibilmente le sopracciglia come altri avrebbe alzato le spalle, guardò lo scacchiere tenendo l'indice arcuato sul mento, e disse:
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Malombra
di Antonio Fogazzaro
pagine 519 |
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Silla Marina Marina Marina Marina Silla
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