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      Silla si sforzava invano, camminando, di pensare all'avvenire, alla vita di sacrificio e di lavoro indomito che l'aspettava. Malediva la notte piena di voci lascive e la luna voluttuosa, ormai alta nel sereno. Appoggiò la fronte ardente ad un tronco di ulivo, senza sapere che si facesse. Quel tocco ruvido e freddo lo ristorò, lo acquietò come avrebbe acquietato un metallo vibrante.
      Si ripose tosto in cammino perché lampeggiava. In faccia a lui nuvoloni torvi di levante si movevano finalmente, si allargavano verso le montagne, invadevano il cielo con tante cime rigonfie, fluttuanti come una marea furiosa che volesse salire fino alla luna. Gittavano lampi continui, silenziosamente, verso il lume di lei, fuggitiva. Ad un tratto Silla si ferma e tende l'orecchio.
      Ode il sommesso borbottar del lago ne' buchi dei muricciuoli, il lamento dell'allocco nelle selve della riva opposta, il canto dei grilli e il lieve sussurro di un soffio per le viti folte, per le frondi bigio-argentee degli ulivi.
      Null'altro?
      Sì, due remi cauti, lenti che tagliano l'acqua a lunghi intervalli. Se vicini o lontani, non s'intende bene; sul lago, a quell'ora, solo un orecchio esperto può misurare le distanze dei suoni.
      I remi tacciono.
      Ecco il sordo rumore d'una chiglia che striscia sui ciottoli della riva. Anche i grilli ascoltano. Poi, più nulla. I grilli uniscono ancora il loro canto a quello dell'allocco lontano, ai borbottamenti del lago pei buchi dei muriccioli. Silla non poteva discernere questa barca che approdava; vedeva soltanto l'acqua chiara tremolar tra le foglie.


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Malombra
di Antonio Fogazzaro
pagine 519

   





Silla