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      Chiese di poterne disporre subito e l'ottenne a condizioni inique che ella accettò senza discutere. Partì subito per l'Italia, sola, con la sua piccola eredità, seimila talleri, e una lettera per un impiegato della Legazione di Prussia a Torino, che prestava i suoi buoni uffici anche ai cittadini del Nassau. Si recò difilata a Torino; quel signore si adoperò molto per lei e fu presto in grado di farle sapere dove avrebbe potuto trovare suo padre. Edith terminò con dire come si fosse accompagnata ai Salvador.
      Steinegge osservò allora ch'era forse suo dovere scendere nel salotto prima che gli ospiti del conte si ritirassero. Accese il lume per Edith e la pregò di attenderlo, si sarebbe sbrigato in pochi minuti. Escì in fretta e scese la scala senza badare che la lampada sospesa sul pianerottolo del primo piano era spenta e che nessuna voce si sentiva tranne quella dell'orologio. Scoccò da questo, mentre passava Steinegge, un tocco sonoro. Pareva dicesse: "Ferma!". Quegli si fermò, accese uno zolfanello. Le undici e mezzo! Lo zolfanello si spense e Steinegge rimase immobile con la mano distesa in aria. Possibile? Avrebbe creduto che fossero le nove e mezzo. Risalì la scala in punta di piedi e spinse pian piano l'uscio della camera di Edith.
      Ella era ritta davanti alla finestra aperta, teneva stretta alla persona con le mani giunte la spalliera d'una seggiola e curva sul petto la testa.
      Steinegge si fermò; gli si era stretto il respiro. Sentiva forse gelosia dell'Invisibile cui saliva allora, oltre le stelle, il pensiero di sua figlia?


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Malombra
di Antonio Fogazzaro
pagine 519

   





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