Benedetta Venezia!
diss'ella.
Eh, Eccellenza, benedetta Venezia!
La xe aqua, ciò
disse la contessa con una smorfia deponendo la tazza sul vassoio dopo avervi appena posate le labbra.
Acqua schietta, Eccellenza. Ce l'ho detto io a quella vecchia. Questa è la secchia (Catte accennò alla tazza) e questo è il pozzo (Catte accennò il bricco). Oh che casa, Eccellenza! La vecchia ha fatto il muso per le lenzuola e io le ho cantato che Sua Eccellenza non può dormire se non è nelle sue lenzuola.
Questo ci hai detto?
Sì, Eccellenza.
Hai fatto bene, sa. Le ho tolte per l'albergo, ma già che vi sono... Vestimi, che presto sarà ora di Messa.
Come La comanda, Eccellenza. La cameriera giovane, quella della marchesina Marina, mi ha dato ragione, se non fallo, perché tanto l'una che l'altra parlano peggio dei levantini. Sa, Eccellenza, cosa si capisce? Che qui padroni e servitori, con buon rispetto parlando, son tutti cani e gatti.
Dimmi, dimmi. Quest'altra calza, siora sempia! Dimmi dimmi. Non c'è male queste gambe, ancora, ah?
Eh, Eccellenza, quante sposine vorrebbero...!
Sì, dimmi, vecia, conta su. Cani e gatti, ah?
Eh cani e gatti, Eccellenza. Il signor conte e la signora marchesina non si possono vedere. La si appoggi a me. Piano, Eccellenza, piano, che il letto è alto. Quando si guardano pare che si vogliano mangiare. Così ci ha detto il cuoco a Momolo, perché pare che il cuoco non tenga né dall'uno né dall'altra. Ne contano di belle.
Conta su.
Ma non so, Eccellenza, se posso, perché c'entra il signor conte.
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Malombra
di Antonio Fogazzaro
pagine 519 |
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