Allora cominciava a soffiare, a bollire, a ringhiare sinché rompeva tutti i freni con queste sfuriate gagliarde e finiva come aveva cominciato, buttando fuori frasi rotte, invettive stroncate, stritolate dai denti. Si rasserenava poi subito e rideva con gli amici presenti della propria collera.
Non è mica sempre così cattivo. La vede, signorinadisse piano a Edith, in dialetto, la vecchia serva di don Innocenzo, portando via il vassoio del caffè.
Edith non capì.
Dice che sono cattivo, ed è purtroppo vero. Non posso frenarmi. Spero che mi compatiranno. Si fermano qualche tempo al Palazzo?
Non sappiamorispose Edith.
Non sappiamoripeté a caso Steinegge.
Scusino; è perché spererei di poter trovarmi con Loro qualche altra volta.
Steinegge, conquistato, si confuse in complimenti. "Mio amico, io spero" diss'egli stendendo la mano.
Certo, certissimorispose il prete, stringendogliela forte. "Ma prima di partire vengano a vedere i miei fiori."
Questi famosi fiori erano due pelottoni di gerani e di vaniglie schierati lungo il muro della casa; oltre alle dalie, rosai e ai begliuomini disseminati per l'orto.
Belli, non è vero?
disse don Innocenzo.
Bellissimirispose Steinegge.
Prenda una vaniglia per la Sua signorina.
Oooh!
Prenda, via, andiamo, ch'io non le so fare, no, queste cose.
Edith, il signor parroco...
Così dicendo Steinegge, con la vaniglia in mano, si avvicinò a sua figlia, che stava un po' discosto presso il muricciuolo.
Edith ringraziò sorridendo, prese la vaniglia, l'odorò, ne guardò il gambo spezzato, e sussurrò:
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Malombra
di Antonio Fogazzaro
pagine 519 |
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