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      Vostro figlio non è d'acciaio sicuramente. Oh, io non lo disprezzo per questo. Gli uomini di acciaio non si trovano mica a dozzine. Io credo che vostro figlio, il quale, tra parentesi, non ha le mie idee sull'aristocrazia, non sia il marito che ci vuole per Marina.
      La contessa Fosca, ch'era venuta slacciandosi la cuffia, dondolando il capo, e soffiando, rispose:
      Cos'è questo fare? Cos'è questo parlare? Cos'è questa roba? sapete che mi fate venir caldo? Non ho capito bene il vostro discorso, ma se mai fosse contrario a mio fio, come mi è parso, ho l'onor di dirvi con tutto il rispetto al vostro talento, che non intendete niente. Andate a Venezia a domandare di mio fio; sentirete. No, che non è d'acciaio; d'oro è. Di acciaio sarete voi e anche di stagno se occorre. Venite fuori con certe cose che mi fanno proprio uscir dai gangheri. D'acciaio? Si è mai sentito? D'acciaio si fanno le penne, anima mia.
      La contessa interpose qui un breve silenzio e alcuni gravi colpi di ventaglio.
      Che roba!
      continuò. "Non ve ne intendete. Oh, non ve ne intendete, figlio caro. E quella poveraccia di Marina, neppur quella conoscete, signor orso. Eh, no no, caro."
      E giù quattro colpi di ventaglio.
      Intanto il conte la guardava con uno stupore troppo espresso per essere del tutto sincero.
      Ma alloradiss'egli "è vero, io non comprendo niente. Se avete queste idee, perché diavolo Vi fa paura che vostro figlio faccia la corte a mia nipote?"
      Sentite, Cesare, io avrò tutti i difetti e tutti i torti del mondo, ma son sincera.


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Malombra
di Antonio Fogazzaro
pagine 519

   





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