Nel battello si conversava tranquillamente. Edith difendeva la sua lingua nativa contro l'ingegnere che l'accusava, un po' volgarmente, di asprezza. Ella sosteneva che l'idioma tedesco è capace di una particolare dolcezza a tempo e luogo, come nella poesia, e ha pei movimenti dell'anima parole dolci come Liebe, weh, fühlen, sehnen, che acquistano dal prolungamento della vocale un suono misterioso e profondo. Diceva queste cose interrottamente, timidamente, nel suo italiano freddo, irrigidito. Mentre ella parlava, suo padre guardava don Innocenzo, guardava l'ingegnere, guardava persino il barcaiuolo, con certi occhi scintillanti che dicevano: "Eh, che vi pare?". Don Innocenzo ascoltava con attenzione vivissima e andava rimasticando fra i denti le parole tedesche citate da Edith, esagerandone l'accento onde persuadersi che fossero armoniose, mettendo degli hm, hm, di dubbio. L'ing. Ferrieri s'imbarazzava nella discussione più che non convenisse a un uomo di spirito; rispondeva breve e anche a sproposito alle chiamate che venivano dalla lancia.
Nella lancia remava il Rico, regnava e governava donna Marina elegantissima nel suo abito di flanella color tortora, tutto liscio, abbondante e fedele in pari tempo alle linee della bella persona, come se ne fosse stato il solo vestimento. Dalla cintura di cuoio giallo chiaro le cadeva sul fianco sinistro una minuta pioggia di catenelle d'oro. Un piccolo medaglione d'oro le pendeva sul gran nodo della cravatta di seta color marrone. Un cappellino rotondo pure color marrone, a penna d'aquila, le posava sul delicato viso un accento di capriccio altero.
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Malombra
di Antonio Fogazzaro
pagine 519 |
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Liebe Innocenzo Innocenzo Edith Rico Marina
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