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      Parlava di lettere scrittegli da sconosciute lettrici delle sue opere; lettere odorate, diceva lui, di quei vapori che l'amore esala come il vino delicato e bastano a inebriare chi ha i sensi squisiti. Allora il Finotti lo canzonava, diceva di non invidiargli il vecchio vino santo delle sue venerabili amiche di Milano, vino scolorato, vino da conviva satur che sta per levarsi dalla tavola e dalla vita. Egli amava il vino giovane, pieno di luce e d'ardore, che va come un fulmine alla testa, al cuore, alla coscienza, perché quello solo sa dove diavolo sia la coscienza, il vino che ha indosso tutto il fuoco del sole e tutte le passioni della terra, carico di colore e di gas, che fa saltare le bottiglie e gli scrupoli.
      Senta, signor Vezza
      disse Marina ex abrupto "rispondeva Lei a quelle lettere?"
      Il signor Vezza, che si prendeva il suo dolce "commendatore" col caffè mattutino della serva, come al caffè vespertino della dama e sempre di grande appetito, soffriva della privazione inflittagli da Marina. Ma bisognava rassegnarsi; Marina non accordava a nessuno titoli che non fossero di nobiltà.
      Rispondevo alle belle signorediss'egli.
      Sentiamo questa meraviglia di finezzadisse Marina guardando con aria negligente il remo del Rico.
      Non c'è finezza, marchesina. Si potrebbe dire che nelle lettere anonime delle belle donne c'è sempre un'ombra di riservatezza e in quelle delle brutte c'è sempre un'ombra di abbandono; ma sarebbe volgarità. È l'istinto che bisogna avere, l'istinto della bellezza.


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Malombra
di Antonio Fogazzaro
pagine 519

   





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