Non sapete? Non vi ha detto niente quella briccona? Neppure una parolina? Tutta delicatezza. Oh Dio, io rotolo giù, figlia cara. A piano. Dimmi, tesoro, era ella di buon umore adesso, venendo giù da quelle maledette montagne?
Edith capiva sempre poco il linguaggio della contessa. Ora lo capiva meno che mai.
Beata, non è vero?
riprese la contessa. "Beata, poveretta. Eh, la ho vista. È l'ultimo scalino questo? Commossa, la me anima. In nome di Dio che siamo abbasso."
Attraversarono il cortile, precedute dal lanternino del Rico. I raggi lunghi e sottili si trascinavano barcollando per la ghiaia candida, saltavano, si allargavano sulle grandi foglie vellutate degli arum, scintillarono un momento sulle perle e i brillanti del getto d'acqua, il quale raccontava e raccontava la sua vecchia storia monotona e malinconica.
Presso alla porta del Palazzo la contessa si fermò, trasse Edith a sé e le disse sottovoce:
Oh, insomma, Ve lo dico io. Io ho già in testa che siate una furbaccia e che sappiate tutto. Marina sposa mio fio.
In quella una voce flebile chiamò dall'alto:
Eccellenza!
Chi è! Cosa è nato?
disse la contessa guardandosi alle spalle.
Son Momolo, Eccellenza.
Dove diavolo vi siete ficcato!
Son qua, Eccellenza.
È su lì
disse il Rico ridendo come un matto del suo riso argentino, malizioso. Corse sotto la muraglia che sostiene il vigneto e alzò la lanterna quanto poté.
Eccolo su!
diss'egli.
Si videro le gambe nere di Momolo.
Come hai fatto, bestia, per andar lì?
Niente, Eccellenza, ho perso la strada.
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Malombra
di Antonio Fogazzaro
pagine 519 |
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