Vi cadde a sedere, si guardò per istinto nello specchio illuminato da due candele che gli ardevano a lato sui loro bracci dorati. Si contemplò in quella tersa trasparenza sotto l'alto lume delle candele che le batteva sui capelli, sulle spalle, sul seno, e pareva rivelare una voluttuosa ondina sospesa in acque pure e profonde. Sotto i capelli lucenti il viso velato di ombra trasparente pendeva avanti, sorretto al mento da una squisita mano chiusa, più bianca del braccio rotondo che si disegnava appena sul candore dorato del seno, sulla spuma sottile di trine che cingeva le carni ignude. Le spalle non somigliavano punto a quelle opulente della gentildonna del Palma. Non vi appariva però alcun segno di magrezza, e avevano nella loro grazia delicata, nel contorno alcun poco cadente, una espressione di alterezza e d'intelligenza, quali splendevano nei grandi occhi azzurri chiari, nel viso leggermente chinato al seno. E mai, mai, labbro di amante vi si era posato! Allora Marina, palpitando, lo immaginò. Immaginò che qualcuno, il cui viso ell'aveva veduto l'ultima volta al chiarore dei lampi, venisse da lontano, per la notte oscura e calda, ebbro di speranza e delle voci amorose della terra; che avanzasse sempre, sempre, senza posa; che varcasse, più muto d'un'ombra, le porte obbedienti del Palazzo, ascendesse brancolando le scale, spingesse l'uscio...
Ella si levò in piedi soffocata da un'oppressione senza nome, emise un lungo respiro, cercando sollievo; ma l'aria tepida, profumata, era fuoco.
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Malombra
di Antonio Fogazzaro
pagine 519 |
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Palma Marina Palazzo
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