Ah lo amava, lo amava, lo invocava, lo stringeva nelle sue braccia!
Spense in furia i lumi dello specchio, ricadde di fianco sulla poltrona e, abbracciatane la spalliera, vi fisse il viso, la morse.
Giacque lì un lungo quarto d'ora, tutta immobile fuor che le spalle sollevate da un palpitar forte e frequente. Si rialzò, alfine, cupa; e pensò.
Perché non aver trattenuto Silla dopo udito il nome terribile? Perché, s'ella aveva perduto in sulle prime e moto e senso e volontà, non s'era slanciata poi quella notte stessa dietro a lui, a caso ma con l'istinto della passione, dietro a lui ch'ella aveva amato, come dubitarne? al primo vederlo, malgrado se stessa, con dispetto e rabbia, dietro a lui che l'aveva stretta nelle braccia chiamandola Cecilia? Non si compiva così la predizione del manoscritto ch'ella sarebbe amata con questo nome? Perché non fuggire, non cercare di lui subito? Perché questa commedia con Nepo Salvador?
C'era bene il perché, e Marina non poteva dimenticarlo a lungo.
Quelle ultime parole del manoscritto! "Lasciar fare a Dio. Sieno figli, sieno nipoti, sieno parenti, la vendetta sarà buona su tutti. Qui, aspettarla qui." E i fatti non accennavano già confusamente da lontano com'ella potrebbe raggiungere insieme la vendetta e l'amore?
Le tornò la fede. Si alzò, prese la candela, venne sulla soglia dell'altra stanza e porse il capo a guardare lo stipo del secreto, alzando il lume con la sinistra. Era là, appena visibile nell'ombra della parete, nero a tarsie bianche, come un sarcofago dove fossero incisi caratteri arcani.
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Malombra
di Antonio Fogazzaro
pagine 519 |
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Silla Cecilia Nepo Salvador Marina Dio
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