So che mi amate; prenderò. Ma perché studiate questo tedesco?
Per capirvi quando parlate italiano.
Steinegge rimase un pochino mortificato.
No, no, è uno scherzodisse Silla prendendogli affettuosamente le braccia. "Lo studio per capire Goethe, e un certo... scrittore nostro, italiano; ma più Goethe, forse. Non Ve l'ho già detto?"
È vero, ma io temevo adesso un'altra cosa. Sapete, mia figlia è ricca e guadagna denari con le sue lezioni. Il conte mi manda sempre roba tedesca da tradurre in francese e manda anche cento lire per mese. Cento lire, eh? Voi vedete, io sono ricco.
E io dunque?
Scusatemidisse Steinegge inchinandosi "io credo bene, io credo bene; anche Voi, certo."
Non abbagliava però, in casa Steinegge, lo splendore della ricchezza. Quella lì era una stanza bassa d'angolo, sotto il tetto. Aveva due balconi a ringhiera di ferro, uno a mezzogiorno e l'altro a levante, le pareti tappezzate di carta azzurra a righe più scure, il soffitto dipinto a cielo sereno e nuvoli. Un letto di ferro pure inverniciato, coi suoi pomi lucenti d'ottone alle spalliere, coperto di percallo perlato a fiori rossi, stava accostato alla parete di ponente sotto un quadrettino piccino dove una ciocca di capelli biondi si disegnava sul raso bianco incorniciato d'ebano. Tra l'uscio della scala e l'altro che metteva nella camera di Edith, un caminetto di pietra grigia portava con civetteria due lucernine a petrolio a' due capi e nel mezzo un bicchiere modesto, un mazzolino di viole mammole ignude. In faccia al caminetto, sopra la mole tozza di un massiccio cassettone a piano di marmo cenerognolo, odoravano pochi calicanthus, simili a delicate fantasie meste di un poeta convalescente.
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Malombra
di Antonio Fogazzaro
pagine 519 |
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