Edith e Steinegge non attendevano che lui. Edith aveva un soprabito grigio scuro e una toque nera, con il velo calato.
È un peccatole disse Silla "di dover scendere."
Lei amerebbe camminare nelle nuvole?
Egli la guardò un po' piccato, notò la recondita tristezza del suo sorrise e tacque.
Scusidiss'ella "non ho poesia."
Non aveva poesia, forse, ma ve n'era tanta nella voce con cui lo disse, nella graziosa persona illuminata dal sole cadente.
Andiamo, dunquedisse Steinegge.
Non è possibilerispose finalmente Silla a Edith, nell'uscire.
Ci aveva pensato molto. Edith non parlò, né si poté vedere con qual viso accogliesse la tarda risposta di Silla, perché ella era già sulla scala e vi faceva scuro.
Era una consolazione uscire da quella scala fredda e buia nella strada ancor chiara del sole recente, nitida dopo una giornata di vento, quanto il cilindro di Steinegge. Questi camminava a sinistra di sua figlia, rigido come un Y capovolto.
Ohdiss'egli, fermandosi a un tratto "sapete, caro amico? Oggi mi ha scritto Innocenzo."
Fece atto di cercarsi la lettera nelle tasche del soprabito, ma, ad una rapida occhiata di Edith, disse di averla dimenticata a casa e ne parlò a Silla con entusiasmo.
Molto affettuosadisse Edith "e molto..."
Non trovava la parola.
Non spiritosa, no. C'è un'altra parola italiana che mi pare, così per istinto, migliore in questo caso.
Arguta?
disse Silla.
Sì, arguta.
Edith seppe ripeterne gran parte a Silla. Non era la prima volta che don Innocenzo aveva scritto al suo buon amico tedesco, appagando così un desiderio segretamente confidatogli da Edith prima di lasciare il Palazzo.
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Malombra
di Antonio Fogazzaro
pagine 519 |
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