Non c'era più sole; le nubi dorate riflettevano da ponente una luce calda sulle case più alte e il vento portava in viso tratto tratto odore di primavera, di sigari, di profumeria. Le signore che scendevano il bastione in carrozza, parevano correr giù verso l'orizzonte limpido, abbandonarsi con insolito languore, silenziose, alle carezze dell'aria tepida. E due lunghi rivi neri di gente, picchiettati d'abiti chiari femminili, scendevano a destra e a sinistra del Corso con un gran rombo confuso di passi e di voci, come due lunghe striscie di stoffa pesante trascinate pei marciapiedi fuori del fitto ombroso della città. Tutte le finestre erano aperte. Pareva a Silla che tutti i cuori lo fossero pure, che quella corrente di uomini portasse tesori di pensieri gai, d'immagini ridenti, che riflettesse la ingenua giovinezza eterna della primavera. Anche nel color delle pietre, tuttavia calde di sole, egli sentiva il prepotente aprile che non valendo a mettervi la vita, ve ne metteva quasi il desiderio, la speranza lontana. Non gli toccava il cuore udir parlare del lago e delle montagne; nessuna voce del passato si ridestava in lui.
Non scrive altro quel signor curato?
disse egli a Edith.
Null'altrorispose per lei Steinegge.
Come? Non parla del Palazzo?
Oh, qualche parola, sì.
Non parla del matrimonio di donna Marina?
Steinegge non poté rispondere, perché un tilbury sopravvenne di gran trotto, tuonando sul ciottolato vicino a Silla che si voltò a guardare il cavallo, un bel sauro snello.
Bello
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Malombra
di Antonio Fogazzaro
pagine 519 |
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Corso Silla Edith Steinegge Palazzo Marina Silla
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