Ad ogni tratto Edith voltava il capo a guardar indietro.
Intanto le sconfinate campagne di levante, al di lą del bastione, si vedevano nelle ombre della sera sotto l'azzurro pallido del cielo che si confondeva quasi, laggił all'orizzonte, con esse, distese, aperte avidamente agli inenarrabili amori della notte di aprile. Apparivano fra una carrozza e l'altra, scomparivano, riapparivano, grande immagine di pace, al di lą di quel brulichģo mondano. A ponente le case oscure della cittą si disegnavano sul cielo aranciato che posava una languida luce calda nei bassi prati dei giardini, il margine scoperto del viale. La striscia nera della gente a piedi moveva lenta, assaporando l'ora dolce, l'aria pura, odorata di primavera e di eleganza, il rumor soffice delle carrozze, musica della ricchezza indolente, piena d'immagini tentatrici. E le signore, negli equipaggi di gala, passavano e ripassavano sotto la nebbia verdognola dei grandi platani, come Dee infingarde, fra gli sguardi ardenti, la curiositą invidiosa del pubblico, blandite da questi acri vapori d'ammirazione, fiso l'occhio al di sopra di essi, in qualche invisibile. Quel moto lento e molle, quella stanca inquietudine umana pareano consentire col nuovo turbamento, con le nascenti passioni della terra. Silla avrebbe voluto parlare, interrompere un silenzio pieno d'imbarazzo e di trepide immaginazioni, ma non ne trovava la via. Arrivarono davanti al caffč dei giardini mentre molte persone se ne rovesciavano sul viale, rompendo la corrente del passaggio.
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Malombra
di Antonio Fogazzaro
pagine 519 |
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Edith Dee
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